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C’è chi segue Roger Federer da poco, chi da anni come me.
Amo il tennis praticamente da una vita e ammetto che lo svizzero colpì la mia attenzione in tempi non sospetti.
Chi ha cominciato a seguirlo ora non sa come all’inizio fosse letteralmente una testa matta. Certo non ai livelli di McEnroe ma era decisamente fumatino.
Consapevole, fin dal principio, di avere un talento fuori dalla norma, il nostro King Roger alternava partite memorabili per il gioco impeccabile, ad altre in cui dimostrava chiaramente di non avere voglia e di essere sull’orlo di una crisi di nervi.
Non è mai stato il classico svizzero compassato.
Roger è un passionale che ha imparato ad usare il cervellino e scaricare tutto nel suo gioco.
Che è il migliore.
Lo sappiamo noi e lo sa anche lui.
“Se vi piace chiamatemi genio”, disse quando vinse nel 2007 il suo primo Australian Open.
Domenica ha vinto il sesto e ha pianto di gioia come un bimbo.
Sono rimasta parecchio esterrefatta quando un giornalista, nel raccontare l’evento, disse che il mito di Federer è crollato perché ha pianto.
Siamo ancora all’idea che gli uomini non sono uomini se piangono…
Non vi starò a descrivere la poesia che c’è dietro ogni suo rovescio od ogni suo dritto.
La verità è che Roger ha uno stile talmente unico che è la summa di mille campioni.
C’è chi ama stare a rete e chi fondo, chi fare ace e chi fare mille scambi con l’avversario.
Chi fa i pallonetti, chi lancia bordate imprendibili.
E poi c’è Federer che fa tutte queste cose.
Si diverte, vince e affascina.
Due anni fa un infortunio tremendo sembrò mettere fine alla sua carriera ma, sorprendendo tutti, si è ripreso di nuovo e ha iniziato a macinare ancora una volta vittorie, con lo stesso spirito di quando era ragazzino.
Quando Roger si affacciò sulla scena del tennis si temette, dato il suo carattere molto fumantino, che avrebbe buttato via il suo talento.
Tuttavia qualcosa cominciò a cambiare intorno al 2003-2004. Le vittorie si fecero sempre più frequenti, il ragazzino passionale diventò un uomo più tranquillo, capace di incanalare la sua autentica passione nel gioco e arrivando a diventare il numero uno.
Cosa successe?
Per stessa ammissione di King Roger è stata la moglie e manager Miroslava “Mirka” Vavrinec, ex tennista, a riuscire a portarlo in alto.
La stabilità della sua famiglia gli ha dato la stabilità nel gioco, gli ha liberato la mente e reso più semplice ogni salita.
Nessun uomo di ghiaccio, dunque, ma al contrario un uomo tenero, dolce e appassionato che ha saputo usare bene il suo immenso talento, grazie all’appoggio incondizionato della sua splendida famiglia.
“Il merito è tutto di mia moglie Mirka, delle mie gemelle e dei miei gemelli.”
Ed è una bella lezione di vita, perché se non si è da soli si può veramente esprimersi al meglio.
King Roger e le sue lacrime, così belle, esprimono al meglio il detto: “Nessun uomo è un’isola”.
Nemmeno il più grande tennista di tutti i tempi.
Come ha detto, parlando anche di Totti: “Io e Francesco siamo patrimonio dell’umanità. Decideremo noi quando smettere.”
Ed ecco, visto che Totti purtroppo ha già smesso, magari caro King Roger cerca di deliziarci ancora un po’.